Secondo il Ministero della Salute Italiano, le sostanze in grado di alterare la qualità dell’aria indoor possono essere classificate da elementi che provengono dall’ esterno (inquinamento atmosferico outdoor, pollini), mentre molti sono prodotti da fonti interne. Le principali fonti interne di inquinamento sono rappresentate da: occupanti (uomo, animali), polvere, strutture, materiali edili, arredi, impianti (condizionatori, umidificatori, impianti idraulici) e aria esterna. L’inquinamento Indoor è suddiviso secondo il seguente criterio:
Agenti Indoor;
Agenti chimici e biologici;
Agenti biologici A
Agenti fisici.
Il GAS RADON rientra negli AGENTI FISICI. Tantissimi di questi agenti inquinanti sono stati valutati, analizzati, studiati ed oggi possono essere evitati o ridotti dall’essere umano. Tuttavia, uno degli agenti maggiormente cancerogeni, come vedremo successivamente, ovvero il gas Radon risulta al giorno d’oggi quasi totalmente sconosciuto dalla popolazione italiana.
I primi esperimenti medico-scientifici su animali furono compiuti all’inizio del 1950 e dimostrarono il potenziale cancerogeno del Radon per i polmoni delle specie utilizzate nell’esperimento. Analisi tra i minatori di uranio, dalla metà degli anni sessanta, confermavano questo rischio per l’essere umano. Nel 1967 il Congresso Federale per la Ricerca degli Stati Uniti propose delle raccomandazioni per controllare i rischi correlati alle radiazioni all’interno delle sole miniere. L’Organizzazione Mondiale per la Salute confermò il potenziale rischio per la Salute a fine anni ’80 non potendo però dare certezza sui livelli di protezione visto che doveva ancora essere quantificato il rischio in termini di intensità all’esposizione, durata, età e condizioni ambientali.
La ICRP (Commissione Internazionale per la Protezione Radiologica) ad inizio anni ’90 confermò la vastità del problema per la salute pubblica e formulò specifiche raccomandazioni. L’ipotesi di un legame tra alte concentrazioni di Radon e cancro ai polmoni fu messa in primo piano all’inizio degli anni 2000. La dimostrazione scientifica di questo legame è molto recente ma definitiva. Infatti veniva scoperto che una parte dei prodotti di decadimento del Radon, anch’essi radioattivi, si attaccano a polvere, fumo e vapore e possono essere inalati. Si fissano, così, all’interno dell’apparato respiratorio (bronchi e polmoni) danneggiandone le cellule ed aumentando il rischio di possibili processi cancerogeni. Tale rischio è proporzionale alla concentrazione di Radon ed al tempo trascorso in ambienti ove esso è presente. Soltanto negli ultimi due decenni abbiamo potuto affermare che il Radon può essere alla base dei più grandi problemi di salute pubblica. Infatti l’O.M.S. (Organizzazione Mondiale della Sanità) dalle ricerche effettuate stimava che, dopo il fumo, il Radon è la causa principale del tumore polmonare. In ambienti aperti la concentrazione del gas non raggiunge quasi mai livelli pericolosi (normalmente inferiore a 30 Bq/m3), mentre nei luoghi chiusi (abitazioni, scuole, ambienti di lavoro, ecc.) può raggiungere concentrazioni elevate potenzialmente dannose per la salute (i livelli massimi attualmente previsti dalle normative sono di 300 Bq/m3 mentre in ambienti confinati le misurazioni possono raggiungere anche diverse migliaia di Bq/m3). Si stima che in Italia, su un totale di nr. 40.000 nuovi casi di tumori polmonari, circa nr. 3.500 di questi casi siano riconducibili all’inalazione del gas Radon. Se si considera l’abbinamento della presenza di gas Radon in un abitazione e che almeno un occupante sia un fumatore, la probabilità statistica di contrarre un tumore polmonare aumenta di 25 volte.